Viaggi digitali #18: Pierluigi Cappello
L’appuntamento con “Il Friuli di Pierluigi Cappello” è fissato online, sabato 24 luglio alle 10, nell’ambito del progetto “Friuli Venezia Giulia, terra di scrittori. Alla scoperta dei luoghi che li hanno ispirati”, l’iniziativa promossa da Fondazione Pordenonelegge con la Regione Friuli Venezia Giulia e PromoTurismoFVG. Si potrà salire a bordo di questo breve ma intenso viaggio digitale sintonizzandosi sui canali facebook e youtube di pordenonelegge e successivamente sui canali di PromoTurismoFVG.
«Pierluigi Cappello – spiega Alessandro Fo - era una specie di incarnazione del Friuli: la sua terra ha materiato ogni fibra della sua personalità umana e poetica, sia che la esprimesse nella poesia in friulano, sia che la mediasse con la lingua italiana. Pochi autori ho conosciuto che avessero una impronta così viva dei luoghi in cui erano cresciuti nella loro evoluzione: credo dipenda dal fatto che Pierluigi aveva scoperto questo suo universo nel momento del grande trauma del terremoto del ’76: una circostanza che ha funto da moltiplicatore per l’intensità dell’affetto con cui il poeta si è legato ai suoi luoghi».
«La considerazione – racconta ancora Fo - non riguarda solo i paesaggi: Pierluigi Cappello, uomo cresciuto in altura, ha sempre ritenuto di appartenere al cielo, e di avere conseguentemente uno sguardo omnicomprensivo sulle cose. Una visione che si materiava poi di singoli particolari, nel momento in cui il poeta la trasponeva sulla pagina. Ma i paesaggi legati alla sua poesia includono anche la gente: persone scampate al tiro della storia, persone umili che hanno avuto una vita faticosa e che Pierluigi Cappello ha amato profondamente, ritraendole con grande maestria».
Entriamo così nei luoghi, nella geografia di Pierluigi Cappello: «per me – aggiunge Alessandro Fo - rimane legato innanzitutto alla sua casetta di Tricesimo, regalata dal governo austriaco ai terremotati del Friuli. Una piccola casa fragile, esposta alle intemperie e talvolta a visite di animaletti poco desiderati. La condizione di salute di Pierluigi Cappello avrebbe preteso che cercasse una casa diversa, ma lui esitava a trasferirsi, ben altro gli interessava: costruire la sua produzione poetica. Ricordo che stava lavorando a “Mandate a dire all’imperatore” e mi spiegava che non aveva modo di pensare al trasferimento, altrimenti avrebbe perso quel libro. Lo diceva così, come si trattasse di perdere un figlio: una cura profonda che bene esprime l’importanza della scrittura poetica per Cappello: un obiettivo al di sopra di un minimo agio nella vita. Così la sua casetta è stata sede dei nostri incontri, come fosse un teatro: ricordo l’aneddoto del sipario della tenda che lui spostava, immortalato in una fotografia diventata la copertina delle sue opere»
La carrellata dei luoghi friulani nei quali ritrovare i versi di Pierluigi Cappello potrebbe essere lunga: «lunga quanto il Friuli – osserva Fo – anche se innanzitutto suggerisco Chiusaforte, il luogo che il poeta ha più ha amato e dove è cresciuto. Oltre a Tarcento, il luogo dove avrebbe dovuto andare a vivere, con quella corona di monti e la splendida villa Moretti, con quel dente sbrecciato da vecchio friulano che è la rovina del castello».
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