Ivan Crico
L’antro siel del mondo
Collana Gialla Oro edita da LietoColle e Fondazione pordenonelegge.it
Si comprende allora perché Crico abbia eletto proprio il bisiàc a lingua della sua poesia questo idioma che, sopravvissuto e modernizzato nella parlata odierna, quasi nessuno più comprenderebbe nella forma che Ivan gli dà. Come il poeta scriveva già in una delle sue prime raccolte, nel silenzio / dell’attesa, ritornano a fiorire / nuovamente suoni / passati, che credevo sepolti chissà dove, nelle vuote / fenditure del tempo. Come la luce improvvisa luce di ceri antichi o la voce che irrompe nella quiete del paesaggio, dando per la prima volta e per un fugace istante un volto alle cose sopite, così la lingua che giaceva sepolta chiama, si fa ciaro de quei che i xe ’ndadi. Essa risale da un fondo, da zorni che i xè drìo: come nei versi di Pasolini che Crico fa suoi, i venti erano contrari / e parlavano in italiano. Non si tratta, allora, di una lingua altra, estranea al poeta e al suo linguaggio, ma dell’antra vita che in mi rispira